A Gloria del Gran Maestro dell’Universo e del Nostro Protettore San Teobaldo

GARIBALDI IN CERCA DI MAZZINI

ORA E SEMPRE

di Giovanni Pascoli

 

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I

Mazzini e i suoi dispersi nello stesso
luogo sedeano attorno alla parete.
Giovanni al seno gli piangea sommesso.

Ei disse: - Il pianto è l'acqua per la sete
del cuore. Anela per il suo deserto
a quella fonte l'anima. Piangete.

Iacopo! Era il mio primo, era il più certo,
era il più mite. Amava l'ombra. Volle
essere, ma dall'odor suo, scoperto.

Parea quei gigli fatti di corolle
né d'altro; d'una purità di cima,
ma nati a valle, nati a piè del colle:

chino anche lui non come fior che opprima
la pioggia, ma che il solo essere fiore
pieghi sul tenue gambo, da sé, prima.

Oh! egli aveva la mestizia al cuore
di quei ch'è solo, perché primo, in via,
e vede appena Chanaàn, che muore.

Ma ei sapeva, avea già detto: «Sia!
anche s'è morto l'albero onde nacque,
il seme è buono; ed uno gittò via

il pane, ed altri lo trovò su l'acque.» -

II

Gli esuli intorno singultian pian piano.
- Male ei gittò, ciò ch'è di Dio, la vita?
Fu, come il bimbo ch'ha il suo pane in mano:

il pane e il pomo che sua madre, uscita,
diede al fanciullo che mangiasse intanto:
ed altri l'urta e fa ch'apra le dita.

O no, ma disse: «Eccomi afflitto, affranto!
Per non peccare contro i miei fratelli,
contro te pecco, che perdoni, o Santo!»

Ora il suo sangue grida ne' lavelli
là della Torre. Un grido che si vede.
O re, più brilla, quanto più cancelli!

Vendetta! Ogni uomo è diventato erede,
Iacopo, tuo. L'Italia oggi t'adora,
martire primo d'una nuova fede.

Furon le dita rosee d'un'aurora,
con che scrivesti nella cella nera!
La nuova Italia cominciò d'allora.

E cominciò d'allora la nuova Èra
che rivedrà nell'avvenir profondo,
con terra e cielo nella sua bandiera,

Roma al timone, placida, del mondo. -

III

Gli esuli lontanare vedean quella
gran nave. Egli, il profeta, stupì come
sbocciasse a lui dall'anima una stella.

La stella illuminava le tre Rome;
auree cupole, archi trionfali
e una città che non avea che il nome.

Erano un atrio, i ruderi immortali,
di questa. Antica su l'antica croce
quetava l'aquila il rombar dell'ali...

Egli guardava... Ed esclamò con voce
alta e profonda: - O gioventù latina,
se non è il fonte, non sarà la foce.

Dio t'urla in cuore, o gioventù: Cammina!
Ascendi il monte! Sosta sulla vetta!
Snuda la spada e butta la guaina!

O gioia mattinale! uno in vedetta
sul picco, mentre dormono i trecento
sopra le foglie morte, nella stretta

dei monti, e in mezzo la bandiera al vento
sibila e schiocca, ed egli ode lontane
della città grida e rintocchi, attento...

«All'armi! all'armi!» Tra il tumulto immane
passi la rossa schiera con la romba
della sua corsa, e sopra le campane

squilli secura lieta alta, la tromba. -

IV

Tre colpi all'uscio. Era un fratello. Avanti!
Un uom di mare entrò, larga la fronte,
bronzato, con fulvi capelli ondanti.

Stette sereno come ancor sul ponte
della sua nave, fisso alla Polare.
ORA! - sembrò parlasse il mare al monte

con un'ondata. - E SEMPRE - il monte al mare
immobilmente. - Giunsi or ora in porto...
da Taganrok... Voi siete a comandare

qui sul ponte, io... vengo a supplire un morto -

 


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