A Gloria del Gran Maestro dell’Universo e del Nostro Protettore San Teobaldo

LA VITA DI SAN TEOBALDO

Chi fu San Teobaldo ( San Tebaldo, Saint Thibault)?
Ecco un'istruzione sul Patrono dei Carbonari, da leggersi nelle tornate di iniziazione.
((Ri?-)Tradotto in italiano dal Francese verso il 1880))

Torna a Materiali


"Il nostro protettore, cari Buoni Cugini, nacque a Provins, in Francia, verso l'anno 1017.

Non si sa qual professione esercitassero i suoi genitori; pure si suppone a buon diritto che tenessero un alto grado nella loro provincia. Quanto più si cercava di far gustare al giovane Teobaldo i piaceri e gli onori del mondo, tanto più e' discopriva la vanità, il nulla di quanto il mondo ha in alta stima; e il disprezzo che aveva di tutte queste cose gli faceva desiderare la solitudine. Egli ammirava del continuo il tenore di vita tenuto in mezzo al deserto dal profeta Elia, dal precursore Giovan Battista, da San Paolo l'Eremita e da Sant'Antonio. L'anima di lui non aspirava più se non che a cotesto genere di vita; ne tentava la prova in casa il padre, serbando, più che poteva, il silenzio, il ritiro, e l'astinenza.

Il desiderio di seguire, nella più perfetta guisa, l'esempio di questi maestri della vita solitaria lo decise ad andare a consultarsi con un eremita di nome Burcardo, che viveva ritirato in un'isoletta della Senna. A lui scoperse i segreti disegni del suo cuore e confessogli che ardea di abbracciare la vita solitaria, sacrificando volentieri alla sua santificazione e i genitori e il paese. Il pio eremita trattenutolo qualche tempo per esercitarlo nelle più austere pratiche della penitenza e dargli gli avvisi che credette meglio affarsi alle sue disposizioni, lasciollo poi ritornare a casa il padre. Vi stette ancora alcuni anni, passando i dì e le notti nel pregare e nel meditare le Sante Scritture. Finalmente fermò assolutamente di abbandonare il paese, e mise il suo disegno ad effetto con un tale di nome Gotiero, non avendo ciascuno se non che uno scudiero per tutta compagnia.

E' se ne andarono a Reims, alloggiarono nell'abbazia di San Remigio, e, colla scusa di voler conversare più liberamente coll'abate e coi religiosi, rimandarono il loro equipaggio all'osteria co' loro scudieri. La notte seguente, uscirono a piedi dalla città, cambiarono le vesti con due poveri pellegrini ne' quali si imbatterono, e furono il Allemagna. Si fermarono in un luogo detto Pirmgen, dove cominciarono a vivere da solitari, non si sa in qual anno.

Persuasi di non dover vivere fuorché del lavoro delle loro mani, andavano pei villaggi e pei borghetti vicini, a portar pietre e calcina come manovali, a lavorare ne' prati sotto gli ordini de' falciatori, ad aiutare i carrettieri a caricare e scaricare le carrette, a nettare le stalle e le scuderie per essere utili ai più umili valletti delle masserie, ma il più spesso lavoravano come taglialegna e facevano del carbone per le fucine.
Con quello che dava loro il lavoro compravano del grosso pan bigio, nel che consisteva tutta la provvigione del loro romitorio. Finché durava, passavano i giorni e le notti nel pregare e lodare Dio. Quando la provvisione era finita, ritornavano al lavoro ne' villaggi.

Ciononostante la fama di lor virtù non tardò a diffondersi e a valer loro la stima di tutti; ma allora, temendo che la povertà non fosse più un ostacolo alle gioie mondane, che avevano tanto bramato di scansare col rinunziare alla loro patria, appena i fedeli vennero a render loro onore nel loro ritiro, abbandonarono questo paese dove non poteano più vivere nell'oscurità e nell'umiliazione.

Accumulata una sommetta col loro lavoro, intrapresero lunghi pellegrinaggi; cosa che era la divozione comune di que' tempi. Dopo più viggi di siffatta specie, giunsero in un luogo coperto di boschi, detto Salaniga, vicino alla città di Vicenza, nella signoria di Venezia. Vi trovarono una vecchia cappella ruinata e talmente abbandonata, che da lunga pezza non vi si celebravano più i divini uffici. Siccome essa era lontana dalle città e anche dalle strade pubbliche, essi la riconobbero atta al disegno che aveano di fermarvisi finalmente pel restante de' loro giorni. Avendola ottenuta dal Signore del luogo, vi aggiunsero una capannuccia fabbricata con le loro mani.

Due anni dopo, Dio chiamò a sé il beato Gotiero. Questa perdita spronò San Tebaldo a camminare con maggior coraggio nella via stretta per la quale era entrato.

E' si era vietato la carne e tutto ciò che proveniva dagli animali, come il grasso, le uova e i latticini; beveva acqua schietta e non mangiava che pan d'orzo. Coll'andar del tempo si avvezzò così al viver duro che, accostumatosi a poco a poco ai frutti e alle radici del suo romitorio, fe' intieramente a meno del pane e di ogni bevanda per qualche anno. Portava un duro cilicio in tutti i tempi e si affliggeva il corpo con ogni fatta macerazioni, persuaso non esservi momento nella sua vita che non fosse obbligato di portar la sua croce per imitar Gesù Cristo. Sul principio, avea per letto una cassa di legno; poi si chiamò pago di una semplice tavola; non avea che un tronco d'albero per appoggiarvi la testa; finalmente ne' cinque ultimi anni della sua vita, si astrinse a non dormire più coricato, non tenendo per riposarsi se non che uno sgabello di legno, su cui avea per usato di sedere.

Erano già molti anni che questo eremita occupava cotal solitudine quando una malattia crudele compì di santificarlo. Il suo corpo doventò sì coperto di pustole e di ulceri, da non restargli un membro del quale avesse libero l'uso. Pure, non fu possibile fargli di nulla diminuire il suo digiuno e le altre sue austerità. Sostenne i suoi mali con pazienza e morì tranquillamente l'ultimo dì di giugno dell'anno 1066.

E però, cari buoni Cugini, in tutte le novelle iniziazioni che potrete esser chiamati a ricevere, dovrete sempre rammentarvi la vita gloriosa di Gesù Cristo, e quella esemplare di San Tebaldo, patrono e protettore de' Carbonari e della Frammassoneria forestiera."


Torna a Materiali